Il Cervelletto modula direttamente
sostanza nera e ricompensa
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 03 febbraio
2024.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La nostra società scientifica continua a seguire i
progressi della ricerca nella conoscenza della neurofisiologia del cervelletto che,
dallo scorso anno, si susseguono a ritmo incessante, contribuendo a delineare
un nuovo profilo funzionale in continua evoluzione. La cooperazione con la
corteccia cerebrale nella programmazione del movimento, la partecipazione alla
patologia della sclerosi multipla e della neuromielite ottica, la presenza di
anomalie cerebello-talamiche nel disturbo ossessivo-compulsivo, la scoperta di
una nuova via nata dalle cellule di Purkinje che controlla aree del cervello,
gli interneuroni cerebellari che controllano il consolidamento mnemonico, le
nuove nozioni di anatomia e fisiologia comparata del cervelletto in 56 specie
di mammiferi, sono solo le ultime acquisizioni.
Il cervelletto e i gangli basali,
secondo la neurofisiologia classica, operano indipendentemente in complessi
processi di regolazione motoria, fornendo ciascuno un proprio contributo, ben
identificato e caratterizzato. Nella semeiotica neurologica questa identità di
ruolo costituisce un paradigma ed è anche un efficiente strumento di
orientamento diagnostico. Ad esempio, il tremore intenzionale denuncia il
deficit di una funzione tipicamente cerebellare[1], così
come il tremore a riposo indica il difetto di dopamina nello striato (gangli
basali) per degenerazione dei neuroni dopaminergici della sostanza nera che
proiettano allo striato.
Oggi, le numerose evidenze sperimentali di connessioni
dirette e reciproche tra nuclei della base telencefalica[2] e cervelletto,
stanno mettendo in crisi l’idea classica di due profili funzionali indipendenti
e complementari.
I nuovi studi anatomici con tecniche sofisticate
hanno rilevato e mostrato la presenza significativa di fascicoli assonici di
proiezione originati da pirenofori siti nel cervelletto e formanti numerose
giunzioni sinaptiche sui neuroni della sostanza nera mesencefalica (substantia
nigra di Sömmering, SN) nella sua parte compatta (substantia
nigra pars compacta, SNc). La sperimentazione
volta al fine di stabilire la natura biologica e il ruolo funzionale di queste
connessioni (Cb-SNc) non era finora riuscita a ottenere risultati. Samantha
Washburn e colleghi coordinati da Kamran Khodakhah
sono riusciti a venire a capo dell’enigma conseguendo risultati di assoluto
interesse.
(Washburn
S. et al., The cerebellum directly modulates the substantia nigra
dopaminergic activity. Nature
Neuroscience – Epub ahead
of print doi: 10.1038/s41593-023-01560-9,
2024).
La provenienza degli autori è la seguente: Dominick P.
Purpura Department of Neuroscience, Albert Einstein College of Medicine, Bronx,
NY (USA); Department of Biological Sciences, New Jersey Institute of Technology,
Newark, NJ (USA); Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, Albert
Einstein College of Medicine, Bronx, NY (USA); Saul R. Korey Department of
Neurology, Albert Einstein College of Medicine, Bronx, NY (USA).
Come in precedenti occasioni[3] proponiamo un richiamo all’anatomia del cervelletto, che qui si riprende
per la parte relativa alla corteccia da una nostra recensione di quattro anni fa[4] e, per la struttura nucleare, da un altro nostro articolo di tre anni or
sono[5].
Il cervelletto è quella parte dell’encefalo che occupa la fossa
cranica posteriore ed è presente in tutti i vertebrati con uno sviluppo
proporzionato a quello del cervello. Si presenta costituito da tre parti: una
struttura mediana di minore dimensione denominata verme cerebellare,
corrispondente al cervelletto primitivo presente anche nei più bassi vertebrati
(paleocerebello), e due espansioni laterali dette emisferi cerebellari.
È situato nella loggia cerebellare delimitata dal tentorio e si sviluppa
sotto il cervello, dietro il ponte, sopra il bulbo. Il suo diametro trasverso
raggiunge un massimo di dieci centimetri, mentre verticalmente supera raramente
i cinque centimetri per un peso complessivo medio di 140 g, ossia l’ottava
parte del peso del cervello. I solchi del cervelletto consentono di ripartirlo
in tre lobi e numerosi lobuli, accuratamente descritti dagli antichi anatomisti
secondo criteri che non hanno trovato riscontro fisiologico o utilità clinica.
Il
fascino esercitato sugli antichi morfologi dalla struttura corticale
cerebellare costituita da innumerevoli lamelle è stato superiore a quello dell’organizzazione
in rami e ramoscelli diretti ai lobuli della sostanza bianca del centro midollare
o tronco, cui diedero il suggestivo nome di albero della vita. Contrariamente
a quanto creduto da alcuni studiosi contemporanei di storia della medicina,
questa denominazione non trae affatto origine dall’erronea attribuzione al
cervelletto di un ruolo vitale nella fisiologia dell’organismo, ma dall’analogia
morfologica con la tuia (Thuja, L. 1753), una
pianta arborea sempreverde delle Cupressaceae che presenta, al posto di
foglie larghe, verdi diramazioni e sotto-diramazioni multiple costituite da minuscole
scagliette foliacee[6]. A differenza del cervello, in cui la
sostanza bianca ha un’enorme espansione indipendente con le sue strutture
interemisferiche e il centro ovale di Vieussens, entrando solo perifericamente nella
costituzione dei giri corticali, nel cervelletto l’aggregato pirenoforico
corticale segue come un rivestimento tutte le diramazioni della sostanza bianca
che, nell’aspetto morfologico macroscopico delle sezioni dell’organo, appare
come un semplice complemento della preponderante struttura grigia.
La corteccia
del cervelletto ha lo spessore di un millimetro o un millimetro e mezzo, e
al taglio rivela due zone di aspetto differente: 1) uno strato esterno o
superficiale di colore grigio pallido; 2) uno strato interno o profondo
dal colorito tendente al fulvo rossastro, che giustifica la definizione di strato
rugginoso.
L’esame
microscopico della corteccia cerebellare consente di distinguere uno strato
esterno o molecolare, che costituisce circa la metà dell’intera struttura e
presenta abbondanza di fibre e scarsità di cellule, e uno strato interno o
granuloso caratterizzato da numerosissime cellule.
Fra queste
due lamine di tessuto grigio si interpone uno strato intermedio o zona
mediana, sottile ma caratterizzata da una fila di neuroni esclusivi del cervelletto
e dalla morfologia inconfondibile: le cellule di Purkinje.
Le cellule
di Purkinje sono disposte a formare una fila abbastanza regolare, anche se a
tratti si notano lievi irregolarità, perché alcuni di questi neuroni inibitori
GABAergici sono dislocati verso la superficie esterna della corteccia, non in
linea con la maggioranza, tanto da meritarsi il nome di “cellule spostate”, con
il quale erano state descritte da Santiago Ramon y Cajal. Le cellule di Purkinje
sono piriformi, con l’asse maggiore di 50-60 micron e una larghezza non superiore
ai 25-30 micron, e presentano al polo superiore, rivolto verso la superficie
esterna della corteccia, un tronco dendritico di grande calibro che si divide
presto in grosse diramazioni principali, dalle quali originano, con una
morfologia che ricorda un po’ quella dei rami della quercia, diramazioni
secondarie e terziarie, che penetrano nello strato molecolare. L’espansione a
ventaglio si risolve in una “lussureggiante arborizzazione che si può seguire
fino alla superficie piale”[7], secondo la descrizione classica. Sui rami si
possono osservare le numerosissime spine dendritiche, che in questi
neuroni sono state accuratamente studiate nell’ultrastruttura al microscopio elettronico.
È interessante la disposizione della fitta arborizzazione dendritica delle
cellule di Purkinje, che Obersteiner paragonò a una pianta di vivaio fatta
sviluppare intorno a un “sostegno a spalliera”, da cui la denominazione di spalliera
dendritica che si adotta attualmente. Questa struttura è infatti disposta
su un piano ortogonale rispetto a quello principale della lamella della
corteccia del cervelletto, per cui si dice che l’arborizzazione a spalliera “si
espande per traverso alla lamella”[8].
Dal polo
opposto o interno della cellula di Purkinje origina il neurite che diventa cilindrasse,
ossia assone rivestito di mielina[9], presentando la caratteristica di un diametro
inferiore a quello del tronco dendritico, all’opposto di quanto accade per la
maggior parte dei neuroni. Dopo un tratto più o meno breve, l’assone emette rami
collaterali, alcuni dei quali terminano nello strato granuloso mentre altri
risalgono come collaterali retrogradi fino al molecolare dove assumono
decorso orizzontale e terminano circondando con una terminazione anulare il
tronco dendritico della stessa cellula, di un’altra o di numerose altre cellule
di Purkinje, realizzando un controllo inibitorio retrogrado dell’input
che arriva dalle sinapsi formate dalle spine della spalliera dendritica con i
neuriti dei neuroni che compongono la citoarchitettonica corticale. Dopo aver
emesso i collaterali, proseguendo il suo percorso, il neurite entra con la
miriade di altri cilindrassi omologhi nella sostanza midollare, dove
costituisce la connessione diretta ai nuclei centrali del cervelletto, ossia la
via cortico-nucleare cerebellare.
In estrema
sintesi la struttura della corteccia cerebellare può essere schematizzata come
segue.
1)
Lo strato molecolare, esterno, caratterizzato
dalla cellula dei canestri: contiene ramificazioni dendritiche delle cellule
di Purkinje, le fibre rampicanti e i rami orizzontali dei neuriti dei
granuli, che costituiscono la maggioranza delle fibre di questo strato.
2)
Lo strato granuloso, interno, caratterizzato
dal tipo neuronico del granulo e dai caratteristici glomeruli cerebellari
nei quali si incontrano le fibre muscoidi e i dendriti dei granuli. Tutto
lo spessore è attraversato da fibre muscoidi e fibre rampicanti, come
da tutte le altre fibre afferenti, e contiene il corpo delle cellule a pennacchio,
particolari elementi della glia descritti per la prima volta da Cajal.
3)
Lo strato intermedio delle cellule di Purkinje
attualmente descritto come parte dello strato molecolare, che è stato
considerato in passato l’elemento base del cervelletto. Infatti, alle singole
cellule di Purkinje, che ricevono segnali dalle fibre rampicanti direttamente e
dalle fibre muscoidi indirettamente per interposizione dei granuli, e forniscono
l’unico output dalla corteccia, è stato dato il nome di “cervelletto
istologico”.
La corteccia del cervelletto è la regione dell’encefalo in cui è stata
stabilita con maggiore precisione la correlazione fra anatomia e fisiologia, e l’affascinante
ricerca che ha portato alla definizione della sua architettura cellulare ha
avuto inizio nel 1888 con gli studi realizzati da Santiago Ramòn y Cajal, usando
il metodo dell’impregnazione argentica di Camillo Golgi, ed è proseguita nel
secolo successivo grazie soprattutto alle osservazioni di sir John C. Eccles e collaboratori.
Dalla scuola di Eccles proveniva Rodolfo R. Llinas, che nel 1975 integrò il suo
contributo sperimentale in una sintesi schematica e concettuale resa in una iconografia
ancora oggi adoperata per illustrare la disposizione nelle tre dimensioni dello
spazio degli elementi che formano i circuiti della corteccia cerebellare[10].
Con questi studi classici fu anche definita la natura delle fibre
muscoidi e delle fibre rampicanti. Entrambi i tipi di assoni sono eccitatori,
ma obbediscono a criteri funzionali differenti e sostanzialmente opposti.
Le fibre rampicanti provengono da formazioni distanti, come il nucleo
olivare inferiore, e ciascuna si dirige verso la cellula di Purkinje che
costituisce il suo specifico bersaglio fin dallo sviluppo embrionario e sulla
quale forma anche più di 300 sinapsi: la scarica della fibra rampicante è
estremamente violenta e fa scomparire ogni attività del neurone di Purkinje,
come fu dimostrato già nel 1964 da Eccles, Sasaki e Llinas.
Le fibre muscoidi, al contrario, eccitano numerose cellule di Purkinje,
formando solo poche sinapsi su ciascuna di esse, e le raggiungono sempre con l’intermediazione
dei piccoli interneuroni detti granuli.
Una descrizione anche sintetica dell’organizzazione funzionale della
corteccia del cervelletto richiederebbe uno spazio di dimensioni sproporzionate
in rapporto al testo e all’oggetto dell’articolo, per cui si rimanda alle
trattazioni di neuroanatomia funzionale, corredate da immagini che consentono
la comprensione dei rapporti reciproci fra cellule e dell’organizzazione
spaziale di questi sistemi neuronici[11].
All’interno della struttura del
cervelletto le lamine midollari confluiscono formando una massa di sostanza
bianca centrale che contiene i tipici quattro nuclei pari: dentato, globoso,
emboliforme e nucleo del tetto.
Il nucleo dentato è il più grande
e laterale dei nuclei, e si presenta come una lamina di neuroni irregolarmente
ripiegata, che racchiude una massa di fibre principalmente costituite da assoni
e dendriti dei neuroni dentati; queste cellule sono di media grandezza (20-30
micron). La sua forma ricorda quella di una borsetta di pelle con l’apertura
rivolta in direzione mediale, e corrispondente all’ilo del nucleo che
contribuisce alla costituzione del peduncolo cerebellare superiore.
Il nucleo globoso (o n.
posteriore interposto) è sito medialmente al nucleo emboliforme ed è continuo
con il nucleo del tetto. Come gli assoni del nucleo dentato e dell’emboliforme
le fibre dei suoi neuroni entrano nella costituzione del peduncolo cerebellare
superiore.
Il nucleo emboliforme (o n. anteriore
interposto) è laterale al nucleo globoso e si continua lateralmente con il
nucleo dentato.
Il nucleo del tetto è
localizzato in prossimità della linea mediana, al margine del tetto del quarto
ventricolo. I neuroni di questo nucleo sono prevalentemente di grandi dimensioni
(40-70 micron) e una gran parte dei loro assoni incrocia nella sostanza bianca
della commessura cerebellare[12]. Dopo la loro decussazione, costituiscono il fascicolo uncinato che
passa dorsalmente al peduncolo cerebellare superiore per giungere al nucleo vestibolare
del lato opposto. Le fibre che non incrociano entrano nel nucleo vestibolare
omolaterale; un piccolo contingente ascende verso il peduncolo cerebellare
superiore[13].
La sperimentazione
recente ha fornito dati molecolari a sostegno degli studi che hanno dimostrato
un ruolo del cervelletto nella fisiologia cognitiva, in particolare modulando
il circuito a ricompensa dopaminergico, il linguaggio e il comportamento
sociale.
I nuclei
del cervelletto possono essere definiti sub-strutture che trasferiscono
informazioni elaborate nel cervelletto da questa sede ad altri territori dell’encefalo.
Un elemento caratteristico della specie umana è il notevole sviluppo della
connessione di questi aggregati grigi con la corteccia cerebrale del lobo
frontale[14].
Dopo questo ricordo
di anatomia cerebellare, ritorniamo allo studio qui recensito.
Washburn e
colleghi hanno innanzitutto rilevato e dimostrato nel topo che i fasci di
proiezione che vanno dal cervelletto alla parte compatta della sostanza nera (Cb-SNc)
formano prevalentemente giunzioni monosinaptiche
glutammatergiche sia sui neuroni dopaminergici che su neuroni non
rilascianti dopamina della SNc. Poi, lo studio mediante attivazione
optogenetica degli assoni provenienti dal cervelletto e formanti sinapsi nella
parte compatta della sostanza nera, ha evidenziato un incremento dell’attività
dei neuroni della SNc, un innalzamento dei livelli di dopamina e un aumento
dell’attività locomotoria.
Durante il
comportamento attivo, i fasci di proiezione Cb-SNc sono attivati bilateralmente
prima della locomozione e della “manipolazione” unilaterale di una leva.
Un altro
elemento rilevante, emerso nell’osservazione sperimentale murina, è che i fasci
assonici che collegano il cervelletto alla parte compatta della sostanza nera
mostrano un’accensione prevalente su altre vie circostanti quando è in gioco
una ricompensa costituita da acqua da bere, e un’attivazione ancora più
accentuata se la ricompensa è costituita da acqua dolcificata. Questo
esito dimostra che la via di connessione cerebello-nigra identificata da Washburn
e colleghi codifica anche il valore di ricompensa.
In
conclusione, lo studio qui recensito dimostra che il cervelletto modula
direttamente, rapidamente ed efficacemente i livelli di dopamina dei nuclei
della base e convoglia informazioni relative all’avvio del movimento,
alla sua energia e al valore di ricompensa.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-03 febbraio 2024
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e culturale non-profit.
[1] Nistagmo, tremore
intenzionale e parola scandita è la triade cerebellare classica.
[2] Il modo anatomicamente corretto di
definire i gangli basali.
[3] Note e Notizie 30-09-23 Cervelletto in anatomia e filogenesi in 56 specie di
mammiferi; Note
e Notizie 16-09-23 Interneuroni
del cervelletto controllano il consolidamento mnemonico.
[4] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[5] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[6] Il nome greco θυία vuol dire “cedro” ed è stato dato
per l’odore emanato dal legno di questa pianta. Originaria di Cina, Giappone, Alaska
e regione dei grandi laghi del Nord America, in latino era detta Arbor vitae;
come vuole la legge linguistica del “conservatorismo della periferia”, in America
si è mantenuta la forma latina abbandonata in Europa ed è ancora chiamata arborvitae. L’origine della denominazione della sostanza
bianca cerebellare è riportata nel Trattato di Anatomia Umana di Testut e
Latarjet (vol. III, p. 241, UTET, Torino 1974 e seguenti ristampe), nel quale
la translitterazione dal greco è resa con thuya.
[7] Testut e Latarjet, op. cit., vol.
III, p. 242.
[8] Testut e Latarjet, op. cit., ibidem.
[9] Ricordiamo che fu Purkinje, lo
scopritore di queste cellule, che introdusse il termine “cilindrasse” per
denominare l’assone rivestito da mielina nel sistema nervoso centrale e
distinguerlo dai neuriti delle fibre amieliniche.
[10] Llinas R. R., La corteccia del
cervelletto. Le Scienze 81, maggio 1975, ristampato in Il Cervello –
organizzazione e funzioni (a cura di Angelo Majorana), pp. 120-131, Le
Scienze Editore, Milano 1978.
[11] Note e Notizie 26-09-20 La corteccia
del cervelletto umano è sorprendente.
[12] È interessante notare che non si
tratta di fibre commissurali come quelle del cervello, dove il corpo calloso,
ad esempio, connette punti omotopici dei due emisferi. Anche se si chiamano
commissurali, le fibre del cervelletto semplicemente attraversano la linea
mediana, ma hanno una diversa identità morfo-funzionale.
[13] Note e Notizie 23-01-21 Origine
nel cervelletto delle connessioni cognitive.
[14] Questo richiamo sintetico all’anatomia
cerebellare si trova anche in Note e Notizie
15-10-22 Il cervelletto nella memoria emozionale, in cui si recensisce un interessante studio di Matthias Fastenrath e colleghi.